\paperw9000 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 NellÆItalia centro-settentrionale i grandi organismi statali, che avevano inghiottito e pi∙ o meno assimilato le cittα e le picc
ole signorie vicine, erano i pi∙ vivi protagonisti della storia italiana. Ancora un poÆ rigido e impacciato nei suoi movimenti, data la sua origine feudale, si presentava lo stato sabaudo, ormai decisamente gravitante verso lÆItalia. Lottando, volta a vo
lta, contro i comuni, contro gli Angioini, contro i marchesi del Monferrato, ora appoggiandosi, ora contrastando agli imperatori e ai Visconti, i Savoia erano venuti acquistando sempre maggiore influenza e potenza nel Piemonte. Le tappe di questa progres
siva ascesa sono segnate dai nomi di Amedeo VII (il Conte Rosso) e di Amedeo VIII, che, quasi a suggello dellÆaumentato prestigio, a partire dal 1416 acquist≥ il titolo di duca. LÆiniziativa, per≥, nella Pianura Padana, era sempre dei Visconti, che erano
riusciti a saldare a Milano un vasto territorio; questo, oltre alla Lombardia, si estendeva al Piemonte e allÆEmilia, e comprese, in qualche momento, anche Genova. Le attivitα industriali e mercantili, il controllo delle principali vie di comunicazione,
avevano fatto di Milano uno dei nodi della politica italiana ed europea. Gian Galeazzo, con i metodi pi∙ energici e sottili, con geniale abilitα, nel giro di pochi anni sÆimpadron∞ di Verona e di Vicenza, tolte agli Scaligeri con lÆaiuto dei da Carrara,
di Padova, tolta ai da Carrara con lÆaiuto dei Veneziani e, nonostante una potente lega costituita ai suoi danni da Firenze e a cui parteciparono molti altri stati italiani direttamente o indirettamente minacciati, riusc∞ ad affermare il suo dominio in
tutta lÆItalia centro-settentrionale. Pagando in moneta sonante, ottenne dallÆimperatore Venceslao il titolo, ereditario, di duca di Milano. Fu la legittimazione della sua signoria, che, come altre, si era mutata cos∞ in principato assoluto, libero da og
ni legame e limitazione dÆinvestitura popolare. Mirava forse a pi∙ prestigioso titolo, quando la morte interruppe la sua azione, e lÆedificio da lui costruito si sfasci≥. Le parti di pi∙ recente acquisto cadevano sotto il dominio degli stati rivali, ment
re il nucleo pi∙ antico e pi∙ compatto del ducato era diviso tra i suoi eredi, e insidiato da condottieri che avevano operato ai suoi ordini. Troppo fortunose erano queste costruzioni, per sopravvivere alla scomparsa del signore: troppo esclusivamente fo
ndate sullÆenergia e lÆabilitα di un singolo individuo e senza effettiva forza coesiva delle loro parti.\par
Nel vuoto creatosi subito dopo il fallimento dellÆegemonia milanese, si ebbe una breve ripresa del regno di Napoli e con Ladislao di Durazzo un
suo rinvigorimento allÆinterno, dove i baroni furono piegati, e una sua attiva presenza a Roma, in Toscana e perfino in Dalmazia. Con la morte di Ladislao, nel 1414, il regno di Napoli riprecipitava per≥ nella sua antica e ormai cronica dissoluzione. Se
lÆopera di Ladislao fu effimera, ben altri frutti raccoglievano Venezia e Firenze dal crollo dei Visconti. Firenze ottenne, finalmente, Pisa: tutta la vallata dellÆArno era cos∞ sotto il suo dominio. Fu costretta tuttavia poco dopo ad acquistare dal gove
rnatore francese di Genova il porto di Livorno, in quanto destinato a sostituire il porto di Pisa ormai interrato e inagibile. Conquist≥ Volterra.\par
Con la stessa metodica gradualitα, ma con risultati anche pi∙ imponenti, procedettero i Veneziani, che
dellÆereditα di Gian Galeazzo raccolsero le spoglie pi∙ ricche. Treviso, Verona, Vicenza, Padova furono le tappe pi∙ significative della loro marcia tenace nella conquista della terraferma. La guerra di Chioggia, con le esperienze derivatene, aveva dato
a questa espansione una giustificazione di necessitα vitale e maggiore slancio. Lungo tutto il secolo 14░ lÆintera Istria, ad eccezione di Trieste, passata agli Asburgo, fu progressivamente assorbita. Una guerra sostenuta contro Sigismondo, re di Ungher
ia e successivamente imperatore, scoppiata per contestazioni su Zara, sullÆIstria e sulle stesse cittα venete, si concluse con la vittoria dei Veneziani, che ne approfittarono per estendere il loro dominio nel Friuli, nella Carnia, nel Cadore e nella Dal
mazia, e insieme la loro cultura contro Tedeschi e Slavi. NΘ il ritorno in primo piano del ducato di Milano, con Filippo Maria Visconti, arrest≥ questo processo espansionistico della repubblica veneta. Alleatasi con Firenze, con il papa Martino V, con Am
edeo VIII, con tutti quelli, insomma, che in un modo o nellÆaltro avevano da temere dai Visconti, Venezia ottenne altri successi e lÆacquisto di Brescia e di Bergamo, portando i suoi confini stabilmente sullÆAdda. Le vittorie esterne consolidavano allÆin
terno il governo nelle mani di quellÆomogenea aristocrazia di uomini dÆaffari che da tempo dirigeva la politica veneziana. Il doge, infatti, vi era strettamente controllato e limitato nei suoi poteri dagli organi aristocratici, e il popolo, pur essendo e
scluso dal governo, era nei suoi bisogni e nelle sue necessitα soddisfatto dalla sua classe dirigente.\par
In senso opposto procedettero le cose a Firenze. La guerra combattuta contro i Visconti a fianco di Venezia dal 1423 al 1433 si era conclusa sfavo
revolmente per i Fiorentini. Gravi furono le conseguenze economiche, sociali e politiche della sconfitta, che port≥ alla luce i contrasti giα latenti nella compagine statale. LÆoligarchia al potere era insidiata dalle rivalitα tra le famiglie maggiori, o
diata dal popolo medio e minuto. Nel 1433, per far fronte alle difficoltα del momento, Rinaldo degli Albizzi assunse poteri quasi dittatoriali. LÆanno dopo, in seguito a un brusco rovesciamento, fu la volta di Cosimo deÆ Medici, che assunse ampi poteri c
on lÆappoggio popolare. Per quanto in ritardo, anche in Firenze era giunta a maturazione la signoria, lÆunico sbocco possibile, ormai, per ovviare agli insanabili contrasti interni.\par
La tendenza generale della politica italiana verso la formazione di
stati regionali spingeva anche lo Stato pontificio, ormai placandosi lo scisma, a consolidarsi su questa base. Come lÆImpero, che, rinunciando alle pretese universalistiche, si era ancorato a un preciso territorio, cos∞ anche la Chiesa abbandonava le su
e pretese teocratiche: il papato si restringeva al suo particolare stato romano, ricucito pezzo per pezzo e ora difeso con gli stessi accorgimenti, con gli stessi strumenti militari e diplomatici di cui si valevano gli altri stati contemporanei. Soltanto
occasionalmente, e sempre in concomitanza con i pi∙ concreti mezzi terreni, si potrα ricorrere ancora alle armi spirituali. Il papato era, perci≥, sempre pi∙ portato a inserirsi in Italia come forza politica fra le altre forze politiche, proprio mentre
la situazione, appena conclusasi con la pace di Ferrara la prima fase della guerra contro Filippo Maria Visconti, si faceva sempre pi∙ complessa e ingarbugliata. La morte della regina Giovanna II aveva dato nuova esca alla lotta per la successione al tro
no di Napoli, tra Alfonso dÆAragona e gli Angioini di Francia. Contro Alfonso, troppo potente e pericoloso, si erano collegati tutti gli stati italiani; anche Filippo Maria Visconti, soprattutto in difesa degli interessi genovesi. LÆAragonese, sconfitto
nella battaglia di Ponza proprio per merito della flotta genovese, persuase il Visconti a schierarsi al suo fianco. La guerra riprese con gravi perdite per il duca di Milano, ma con la vittoria di Alfonso dÆAragona, il quale potΘ insediarsi sul trono nap
oletano nel 1442. In queste guerre, dai rapidi mutamenti di fronte, si andavano rivelando lÆabilitα militare e lÆingegno politico del condottiero Francesco Sforza, il quale poteva contare sullÆappoggio dei Fiorentini, timorosi non pi∙ di Milano ma della
ben pi∙ potente repubblica veneta. Era un rovesciamento diplomatico, questo operato dai Fiorentini, che metteva in chiara luce il criterio direttivo di tutta la pi∙ recente politica italiana: il mantenimento dellÆequilibrio fra i maggiori organismi stata